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mercoledì 29 luglio 2015

jamie lee


1 commento:



  1. Jamie Lee aveva cominciato a correre dopo il crepuscolo, tanto tempo prima , e non si era mai fermata. Papà Stan e mamma Jimma si erano conosciuti al liceo. Stan scriveva temi in cui danzavano impazzite allitterazioni ed il ricordo di un tempo in cui l'epica era una seconda pelle, come ebbe a dire uno dei suoi professori. Hush hush incontra Omero. Jimma riempiva ogni superficie libera di pin ups di guerrieri mascelluti ed amazzoni scosciatissime: aveva ricoperto dei suoi ipetrofici personaggi persino un murale di Haring ed Elio Fiorucci ed Andy Warhol erano rimasti due gg e due notti meditando su quel miniestrone e quasi quasi erano arrivati ad anticipare l'estetica di Gudmundur Gudmundsson a.k.a Erró. Stan e Jimma avevano passato la loro vita a creare fumetti. Giorno e notte. Ninjas Non vedenti Nullatenenti. Amazzoni Americane. Controspionaggio Collettivo Cyborgs. Tanto avevano fatto che Jamie assomigliava ai loro personaggi: aveva la mascella saliente, lo zigomo ed il cavallo alti e le spalle da nuotatrice. Come il giovane Gianmarco Tognazzi che era diventato cicciotto a furia di mangiare tutto quello che cucinava il padre Ugo, pur di stare con lui e compiacerlo. La crisi ( Crisi Catastrofica Complessivamente Coltivata ) sorse nel momento in cui Jamie realizzò che non sapeva scrivere una dida o un dialogo che non assopissero all'istante anche il + fanatico dei lettori e disegnare nemmeno un omino stilizzato come quelli delle porte delle toilettes. I genitori finsero di non accorgersene o forse, semplicemente, erano persi dentro il loro multiverso. Jamie pianse tutte le sue lacrime, chiedendo alle stelle perchè mamma e papà non erano cuochi o attori o chirurghi plastici o ninjas cyborg mutanti. Il sole era appena andato a dormire quando si aprì un varco dimensionale da cui sbucarono un bell'uomo dall' occhio azzurro incongruamente vestito da donna ed una bella bionda nella tenuta di chi sta per entrare in doccia che le dissero che non era tutto perduto e che nessuno è perfetto e che la sua strada era una altra e che se avesse continuato a correre prima o poi sarebbe arrivata a Cinelandia dove nessuno le avrebbe mai chiesto di scrivere altro che la sua firma sulla linea tratteggiata di un contratto. Adoro il lieto fine e non sono il solo : Cinelandia crede che faccia staccare un maggior numero di biglietti...

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